Il transfrontaliero Ducato d’Aosta trova una sorta di centro naturale, quasi geograficamente in posizione mediana rispetto al suo territorio, nella piccola e non certo particolarmente ricca “capitale”, Aosta, città di antica fondazione romana, che conobbe, come è consueto per l’area alpina, un lunghissimo e florido medioevo, dalla notevole valenza culturale, così come dalla evidente ripercussione, sino alla fine dell’Ancien Régime, sulle tradizioni, gli usi, le consuetudini.
Ad una ferrea fedeltà ai Savoia – che, almeno per la parte superiore della Valle, la cosiddetta Valdigne (Vallis Digna), oltre la Pierre-Taillée (presso il paese di Runaz) può essere fatta risalire a Umberto I di Moriana, detto Biancamano, capostipite della casata, attestabile al 1040, con potere nominale su Aosta nel 1024, e che lentamente si estende al resto della regione, fino alla giurisdizione effettiva di Tommaso I nel 1191 sulla città, alla presa delle piazzeforti di Bard nel 1242 (le cosiddette Claustrae Augustenses o clausurae augustanae) e di Montjovet nel 1260 circa, poi ceduta agli Challant, e all’acquisto degli strategici mandamenti di Cly (1376) e di Quart (1378) – si associa comunque un sostanziale riconoscimento delle prerogative e delle specificità del territorio, che origina l’anomalia del Ducato d’Aosta nello scacchiere sabaudo.
Per un’area che nell’XI secolo, come affermava Sant’Anselmo d’Aosta, poi arcivescovo di Canterbury, «neque est in Gallia, neque est in Italia», il ruolo di crocevia appare come preminente, nonostante si assista, sin dall’esordio dell’età moderna, a una graduale perdita di importanza della viabilità valdostana e a un sostanziale richiudimento della regione su se stessa, dalla morte di Amedeo VIII di Savoia (1451) o, come propone Cuaz, dalla fine del ducato di Carlo il Buono (1536), sotto i colpi delle armate francesi, allorché la valle si trova accerchiata dalle truppe e dagli eretici, fino a tempi molto recenti. […]
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